Ho chiesto a mio figlio se sa cosa sono i “spinaroli”.
Mi ha risposto di no.
Probabilmente a Costabissara sono pochi i ragazzi che lo sanno.
I “spinaroi” o “spinaroli” sono i rovi, arbusti tutti pieni di spine, come il rovo di macchia, con fiori color bianco-rosa e frutti neri chiamati more, che crescono nel sottobosco e che a volte formano delle vere e proprie siepi.
Durante l’inverno non più di 80 anni fa per molti ragazzi e ragazze di Costabissara i spinaroli costituivano una fonte di guadagno, misera ma pur sempre meglio di quel niente con il quale molti dovevano convivere. Con il permesso del proprietario si andava a tagliarli nel sottobosco. Gli spinaroli, raccolti in fascine, venivano poi venduti al fornaio che li usava come combustibile per il forno.
Bisognava fare attenzione che in queste fascine di spinaroli non finisse qualche, seppur piccolo, ramo d’albero… se il proprietario del bosco se ne accorgeva… potevano essere guai.
Su quest’epoca tra la fine del 1800 e i primi del 1900 il regista Ermanno Olmi nel suo film “L’Albero degli zoccoli”, ambientato nella campagna bergamasca del 1898 , quando per esempio a questa data mio nonno Costante Zaupa aveva 1 anno e mio nonno Ermenegildo Romio ne aveva 10, ha ben sottolineato quali erano le condizioni di vita di una famiglia contadina.
Dedicato ad Ermanno Olmi e al suo film c’è anche un sito web amatoriale (www).alberodeglizoccoli.net al quale rinvio per quanti volessero cogliere qualche ulteriore spunto storico e umano di quest’epoca vissuta in prima persona da molti nostri famigliari, nonni o bisnonni.
Maurizio Romio
… e dire che il paese dove sono nata dista forse solo a una quindicina di chilometri da Costabissara, eppure di spinaroli non ne avevo mai sentito parlare. I rovi noi li chiamavamo rùse o se erano tanti e raggruppati a cespuglio, diventano rusàri… (si pronuncia con la s marcata e la a larga). Ricordo che andavamo spesso per more durante l’estate e ci si guadagnava sempre qualche ferita… ovvero una bella rusàda…